Natale in ospedale - Movimento dei Cursillos di Cristianità in Italia

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Natale in ospedale

Natale in Ospedale
 
Fà freddo, il Natale si avvicina e tutto sembra diventare più frenetico.
 
Lentamente, stordito dal frastuono del traffico, mi avvio verso per prestare il servizio settimanale come volontario.
 
Fà freddo, ma le luci dei negozi sembrano riscaldare l’aria; la merce esposta assume un fascino invitante, disposta attorno ad alberi di Natale ed a qualche raro presepe.
 
 
Mi fermo davanti ad una grossa vetrina e guardo un piccolo presepe assediato da costose cravatte e camice di seta.
 
Osservo le piccole figure di creta immerse in un improbabile ambiente nevoso:
 
Il pastore che alza gli occhi verso il cielo con stupore...
 
Il pescatore che offre ai passanti la sua merce..
 
Il venditore ambulante che urla il suo richiamo mentre un soldato appoggiato alla lancia ammira la cometa luminosa...
 
I Re Magi, sapienti venuti dall’Oriente, che in fila indiana si avvicinano alla grotta..
 
E’ tutto pronto per il Tuo arrivo, ma Tu, Gesù, non ci sei.
 
La mangiatoia è vuota anche se il bue e l’asinello la stanno già riscaldando.
 
Già è giusto, non è ancora Natale, non è ancora venuto il tempo.
 
Ma a Te Gesù, mi domando, conviene scendere in questo presepe per respirare l’aria avvelenata del centro cittadino, per  sobbalzare agli scoppi dei botti, per farti abbagliare da queste luci che propongono sperperi, facendoli passare per doni... per atti d’amore?
 
Quanto è falsa la nostra bontà Natalizia.
 
Mi allontano confondendomi tra la folla e raggiungo l’ospedale.
 
 
Appena varcato l’ingresso mi rendo conto che lì l’atmosfera non è la stessa, in quel posto non è Natale.
 
Ma non mi arrendo, voglio trovarlo anche lì ed ostinatamente scelgo di salire a piedi gli otto piani che mi separano dalla Cappella dove vi è un presepe.
 
Salgo le scale lentamente e lungo questa salita verso il presepe incontro uomini e donne in pigiama, molti segnati dalla malattia.
 
Non mi piace chiamarli ammalati, sembra metter loro l’etichetta di diversi.
 
Ogni volto porta i segni della sofferenza, di gioie e dolori, di speranza e disperazione.
 
Gesù, sai in questo luogo il Natale non arriva.
 
Affaticato raggiungo l’ottavo piano e svolgo a destra nel corridoio, ma il bel presepe settecentesco non c’è più... è stato rubato.
 
E forse è giusto così, in questo posto stonava.
 
 
Ritorno sui miei passi e trovo aperta la Cappella, vi entro e mi siedo davanti al Tabernacolo.
 
Gesù, penso, Tu scenderai in quella mangiatoia, laggiù nella strada, nel presepe in vetrina.
 
Qui non è tempo di Natale, qui è tempo di Passione.
 
Ma al mio fianco sento bisbigliare qualcuno e riconosco Francesco, il venditore ambulante, che si confessa da Padre Antonio.
 
Riguardo al Tabernacolo e mi passa davanti agli occhi l’immagine di Ettore, il fruttivendolo, che in terapia intensiva, mi diceva di accettare la sofferenza perché Tu, Gesù hai sofferto tanto per noi.
 
Ricordo Giuseppe, il pescatore di Pozzuoli, che avrebbe voluto portare a tutti in dono i frutti del suo lavoro.
 
Giovanni, il contadino calabrese, che pregava di nascosto, quasi vergognandosi della sua fede in Te.
 
 
 
Mi tornano in mente tante persone, alcune semplici, altre istruite, che nella malattia hanno riscoperto la povertà dell’uomo e la  via della Fede.
 
Tante persone che come le figure del presepe, richiamate dalla stella alla tua grotta, sono state radunate intorno a Te dalla sofferenza.
 
Così ho capito, Gesù, che stavo sbagliando tutto, non avevo capito che chi veramente aspetta la Tua nascita sa bene che dovrai passare per la Croce per raggiungere la Gloria.
 
Signore è qui che devi nascere, in questo luogo dove il mistero della sofferenza riporta l’Uomo alla sua dimensione.
 
E’  questo il luogo in cui  ti aspettano con sincerità... ed amore.
 
Maranathà! Vieni Signore Gesù.

Gianluigi Genovese
 
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