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don Cesare Bisognin

Al Cursillo ne parliamo

Durante il Cursillo ci viene presentato lo splendido esempio di Cesare Bisognin che fu sacerdote per soltanto 19 giorni.
Ecco il suo volto e la sua storia...

Egli nacque a Torino il 6 giugno 1956, primogenito di Andrea Bisognin torinese e di Agnese Frigeni della provincia bergamasca, fu battezzato quattro giorni dopo.
Cesare entrò nel Seminario Minore di Bra (Cuneo) il 5 ottobre 1970 e contemporaneamente si iscrisse alla prima classe dell'Istituto Magistrale.
Ormai giunto alla prima giovinezza, il suo ideale di diventare sacerdote si era rafforzato nell'entusiasmo tipico della gioventù e tutto sembrava più bello e raggiungibile; l'idea del celibato non lo spaventava, come pure era cosciente che la strada da percorrere nella vita, alla conquista di un ideale o di una missione, è essenzialmente in salita e richiede perseveranza e pazienza.
Studiava e sognava di portare la Parola di Dio a quanti la Provvidenza avrebbe voluto fargli incontrare; ma l'uomo propone e Dio dispone; è vero la chiamata c'era stata, ma come raggiungere la meta era tutto da scoprire, Gesù non aveva detto solo "Vieni", ma anche "Seguimi", ossia "cammina con me", perché le Sue vie non sono le nostre vie.

Agli inizi di settembre 1974, al termine del soggiorno con la famiglia a Celana, avvertì un dolore lancinante al ginocchio sinistro che cercò di lenire con delle pomate; tornati a Torino riprese gli studi regolarmente.
Ma il male non diminuiva, quando si alzava da sedere avvertiva un cedimento poi si riprendeva; in dicembre il ginocchio prese a gonfiarsi e Cesare si recò in ospedale per più approfonditi accertamenti radiografici.
Gli venne diagnosticato un osteosarcoma al terzo inferiore del femore sinistro; in altre parole un tumore osseo maligno. Cadde sull'angosciata famiglia una cappa di sconforto, ma soprattutto Cesare che aveva letto per primo la terribile diagnosi e avendola bene interpretata, sentì crollare in un attimo tutti i suoi sogni e si ritrovò sperduto, mentre tutto, casa, amici, programmi, attività, diventavano lontani ed estranei.
Ma Cesare era fatto di buona pasta, passato il comprensibile momento di disperazione, seppe vincerla con la luce della sua genuina fede, accettando la croce che gli era stata offerta.
Fu lui stesso a comunicarlo al suo amico sacerdote don Pino Cravero, che incredulo prese a dargli conforto e sostegno morale e spirituale; riprese a suonare in chiesa, cercò di sollevare dall'incubo i poveri genitori e il fratello minore, certo che se il Signore l'aveva chiamato al sacerdozio, non l'avrebbe abbandonato ma aiutato.
La diagnosi fu confermata al C.T.O. di Torino durante il suo ricovero, iniziato il 27 dicembre 1974 e da cui fu dimesso il 15 gennaio 1975 come incurabile.
L'anno 1975 lo vide spostarsi da un medico all'altro, da un ospedale all'altro, provando varie cure anche delle più invasive e dolorose. Andò due volte a Lourdes in aprile e in agosto, dal 3 al 24 dicembre si recò a Roma per il Giubileo dell'Anno Santo, ci fu un'alternanza di piccoli miglioramenti e di violente vittorie del male, che inesorabilmente avanzava.
Di solito questi mali producono in breve un cedimento dell'organismo, ma per Cesare Bisognin durò 19 mesi, la malattia rimase localizzata prima al femore della gamba sinistra, poi scese alla tibia e dopo si diffuse in tutto il corpo.
Ma Cesare pur sofferente non volle mai rinunciare alla sua vocazione sacerdotale, continuò a tenersi in contatto con il Seminario e la Facoltà di Teologia, riuscì a dare anche due esami.
Giovani, ragazzi e sacerdoti, affluirono ogni giorno nella sua stanza a fargli visita, mentre la sua vita spirituale si affinava sempre più nella preghiera e nell'adesione sempre pronta e generosa alla volontà di Dio.
Scriveva: "La malattia ti aiuta a maturare, esercitando la pazienza e a saper trattare con gli altri, a donare un sorriso, perché chi ha bisogno sono gli altri che ti stanno attorno".
Il suo calvario e il suo desiderio di essere sacerdote, erano noti nella Curia torinese e così il 31 marzo 1976, il cardinale arcivescovo Michele Pellegrino, chiese personalmente al papa Paolo VI l'autorizzazione ad ordinarlo sacerdote, ottenendo la dispensa per la sua giovane età di 19 anni.
Poi nelle tre settimane di aprile 1976, settimana di Passione, Settimana Santa, ottava di Pasqua, gli eventi si succedettero incalzanti, più densi di dolore e di gioia; il 2 aprile venerdì, il vescovo ausiliare mons. Maritano conferì a Cesare gli Ordini Minori, sabato 3 aprile l'arcivescovo gli conferì il Diaconato e domenica 4 aprile il cardinale Pellegrino lo ordinò sacerdote.
La cerimonia si svolse in casa sul letto del giovane ammalato, fra la comprensibile emozione dei familiari e dei tanti amici assiepati anche lungo le scale, mentre nella vicina chiesa parrocchiale altre duemila persone seguivano raccolte e in preghiera la straordinaria celebrazione.
Don Cesare Bisognin aveva detto: Se così vuole il Signore, morirò da sacerdote: porterò sull'altare le mie sofferenze e le unirò a quelle di Gesù sulla Croce".
Amorevolmente assistito dal suo amico don Pino, poté nei giorni seguenti celebrare diciassette Messe, dodici a casa e cinque all'ospedale dove fu ricoverato di nuovo negli ultimi giorni.
La sera del 6 aprile sentendosi indebolire sempre più, chiese al suo confessore il Sacramento dell'Unzione degli Infermi; la sua stanza divenne la meta di una continua processione di fedeli che venivano a baciargli le mani consacrate; arrivò una marea di lettere, che dopo l'intervista televisiva trasmessa la sera di venerdì 9 aprile nella rubrica "Stasera G 7", vista da milioni di persone, che poterono così conoscere e ascoltare il giovanissimo sacerdote morente; all'indomani migliaia di lettere furono scritte da tutta Italia a testimonianza della fede suscitata in tanti cuori.
Sentendosi avvicinare alla fine don Cesare chiese a don Pino e ai familiari di riportarlo a casa dall'ospedale; fu accontentato lunedì 26 aprile; a casa fu un susseguirsi di saluti e raccomandazioni per tutti i presenti e di amorevoli espressioni per la sua dolente mamma, perché rimase lucido fino alla fine.
Serenamente come se fosse addormentato, morì alle 1,40 del mercoledì 28 aprile 1976; i funerali si svolsero il 30 aprile con la partecipazione di oltre cinquemila persone in maggioranza giovani, alla presenza del cardinale Michele Pellegrino.
Aveva detto al suo direttore spirituale: "È un grande dono il sacerdozio! Dillo ai giovani, che vale la pena di buttarsi per questa strada".


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